La poetica di Ross, nome d’arte di Rosella Maspero, cofondatrice del Centro Leonardo da Vinci ed esponente dell’Avanguardia del Metateismo, si connette direttamente al suo percorso di formatrice e, in particolare, al metodo di ricerca da lei creato, basato sull’utilizzo dell’arte come mezzo privilegiato per interrompere l’incantesimo ipertecnologico del postmoderno a favore di una rimodulazione in senso umanistico della tecnologia e del suo utilizzo.

Strumenti elettivi della sua arte sono installazioni e performance che la critica ha definito “rappresentazioni dell’interiorità umana”, sottolineando la loro tensione comunicativa fra il piano visibile dell’installazione e il richiamo ad una sensibilità tutta sovrasensibile. Il tema principale della poetica di Ross, infatti, interroga il rapporto fra la tecnica moderna – nella sua dimensione nichilista di “volontà di potenza” – e la dimensione emotiva, corporea e spirituale dell’uomo: presentandosi sul piano tecnico-formale come arte sperimentale e concettuale – pienamente moderna dunque – Ross mira a intrudere il sistema dell’arte contemporanea mostrandone i chiaroscuri e, al contempo, le chiavi di una possibile rielaborazione, all’interno di un’ermeneutica artistica profondamente attuale.

L’arte, in Ross, trapassa così a superamento delle tradizionali distinzioni disciplinari, imponendosi come sofo-tecnica: una metodologia al contempo ideale e pragmatica per ripensare l’urgenza contemporanea di una sapienza autentica e condivisa.

Opera in mostra

“Medioevo tecnologico”

Installazione

2018

L’opera ha una genesi complessa, indispensabile, tuttavia, per comprenderne esiti e propositi.

Durante una performance, Ross ha recitato al pubblico frasi e citazioni sul tema dell’uso/abuso della tecnologia, scattando una foto agli spettatori in cui risultasse lo schermo di un cellulare riflesso nei loro occhi, per realizzare successivamente la medesima foto con l’occhio “liberato” dalla schermo.

Le immagini sono state radunate in due pannelli distinti e presentate in collegamento a due cover di smartphone caratterizzate dalla denominazione “dis-cover” – a tematizzare l’importanza della “scoperta” di noi stessi e del mondo, un evento esistenziale fondamentale che può realizzarsi solo se l’occhio viene liberato dell’imposizione tecnica, riacquistando una vista non più soltanto corporea e quantitativa.

L’installazione recupera d’altra parte la potenza degli sguardi propria dei protagonisti delle opere di Raffaello, la cui sapienza neoplatonica si ricollegava direttamente all’immagine della luce, simbolo del piano metafisico.