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Maria Marchese

Maria Marchese

“Il futuro entra in noi per trasformarsi in noi, molto prima che sia accaduto”

(Rainier Maria Rilke)

Nel 2014, una ragazza confusa bussa alla porta di una dimora, per un colloquio di lavoro come colf: il proprietario dischiude l’uscio per accoglierla e, con quest’ultimo, un dipinto di Sergio D’Angelo.

Ignara, la giovane esprime una serie di considerazioni personali, a riguardo dell’opera, suscitando così l’interesse dei padroni di casa.

Nel frattanto ha inizio una collaborazione, con cadenza di alcune ore settimanali e la famiglia, da sempre dedita all’amore per il bello e per la cultura tutta, colpita dalla curiosità della nuova arrivata, inizia a condividere con lei la propria esperienza, il sapere raccolto durante il trascorrere degli anni e a donarle del materiale, perché ella possa rendere pago quel desiderio di conoscenza.

Il tempo trascorso lì diventa, per quest’ultima, di fondamentale importanza: lì ascolta, chiede e esprime dei desideri…

Un giorno, durante un “tavola rotonda” , all’ora del tè, disquisendo degli incontri tra Braque e Modigliani e altresì dei gruppi artistici degli anni ’60, la sua bocca pronuncia queste parole: “Sarebbe bello trovare, oggi, persone che conservino questo desiderio di progettare, creare e condividere l’arte, le idee e il sapere…. “ .

Poi Maria inizia a scrivere dei brani, ispirati a musiche classiche, operistiche e alle arti figurative, definendoli poesie…

Le viene spiegato che la poesia ha delle regole di base e che i testi, da lei realizzati, dovevano essere rivisti, alla luce di queste ultime.

Maria inizia un profondo e impegnativo lavoro di approfondimento della lingua italiana, chi si affianca a quello iniziato, da subito, della storia dell’arte, della letteratura e della filosofia…

Si rende conto che, degli insegnamenti scolastici, non le è rimasto nulla; il vero apprendimento era cominciato proprio in quella dimora, nel preciso momento in cui vi era entrata.

Dopo tre anni, la coppia sprona e sostiene la giovane, perché raccolga le poesie in una silloge e la pubblichi; qualche tempo dopo, ciò accade: al pari di un bambino, che ha realizzato il più bel disegno mai fatto, trovo questo libro tra le mie palme.

Esso custodisce, invero, un’energia inspiegabile all’occhio umano…

Realizzo, quindi, un profilo sui social, utile per questa mia inedita e altresì inusuale esperienza.

Un giorno vengo contattata, privatamente, da Stefania Romito, che mi propone un’intervista radiofonica.

Al telefono, Stefania ascolta con attenzione la storia che precede la realizzazione dell’opera, invitandomi, poi, ad una puntata della sua trasmissione televisiva “Ophelia’s Notti Meravigliose” .

La conduttrice racconta di far parte di un gruppo culturale, il cui nome è “Nuovo Rinascimento” :esso promuove la bellezza, l’arte e la cultura.

Manifesta la volontà di presentarmi Davide Foschi e Rosella Maspero, rispettivamente fondatore del Metateismo e del movimento culturale, lui e metacoach, lei.

Durante la registrazione delle puntate, Davide parla a noi autori emergenti, raccontando la storia, gli intenti e le dinamiche del movimento.

Al termine della giornata avevo compreso di trovarmi nel posto giusto.

Ciò era dettato non da una valutazione ragionevole, bensì da un’intuizione e un impeto inspiegabili razionalmente.

Presento, intanto, il mio libro in diverse sedi, finché non mi viene proposto di intervenire, come autrice, al Festival del Nuovo Rinascimento, a Lucca.

Ivi giungo e godo di ogni istante: momenti scanditi da interventi filosofici, alternati alla presentazione delle opere, degli artisti e degli autori.

In quella sede conosco il Maestro Ferrarese Daniele Carletti e Marco Nava; disquisiamo di noi, della nostra storia e, così, spontaneamente, dono a Daniele quell’unica copia del mio libro, che avevo con me.

Qualche tempo dopo Marco Nava ne acquista, lui pure, una.

Osservo, intanto, i loro profili sui social e scopro che fanno parte del club “Amici dell’arte”, la cui sede è presso la galleria “Il Rivellino” , a Ferrara.

Allora, quest’ultima non aveva una sede fissa…

Un giorno vengo colpita da un video, che ritrae Marco durante l’esecuzione dell’opera “SAN ROMANO” , Ferrara: qualcosa mi spinge a scriverne. Accade lo stesso con “IL SILENZIO SOSPESO” di Daniele Carletti.

Marco, inaspettatamente, inserisce la mia disamina nel suo catalogo.

Intervenendo, nel tempo a seguire, ad alcuni eventi realizzati da Nuovo Rinascimento, conosco diversi e nuovi artisti; anch’essi suscitano, in me, il desiderio di realizzare dei testi, che li vedono protagonisti.

Con Davide e Rosella ci si rivede in occasione di un’ennesima intervista; sebbene l’oggetto di quest’ultima sia la mia figura di poetessa e la silloge “Le scarpe rosse-Tra tumultuoso mare e placide acque”, la coppia intuisce che mi preme frangere il limite creato dall’opera, per disquisire d’altro e addivenire a più importanti raggiungimenti evolutivi.

Così mi propongono un spazio mio, in cui parlo di arte: nasce, quindi, “Il tempo ritrovato” .

Un nome significativo, questo: esso indica il tempo speso per l’apprendimento e la sua preziosità.

“Possa la mia anima rifiorire innamorata per tutta la vita” (Rudolf Steiner)

Accade, con naturalezza, che i miei testi trovino la loro strada: essi involvono una disamina formale, che confluisce entro le trame di un tessuto, in parte, intuitivo e, in parte, fondato su una profonda conoscenza dell’artista e del suo operato.

L’anno scorso, durante il Festival dedicato a Leonardo Da Vinci, ero presente come autrice e, assistendo agli interventi dei curatori artistici, ho pensato “Chissà… magari l’anno prossimo ci sarò io” .

A distanza di un anno ciò accade.

Oggi, la Galleria del Rivellino ha inaugurato una nuova sede: Marco Nava ne è presidente, Daniele insegna nello spazio accademico della sede e io sono la loro curatrice, per Nuovo Rinascimento.

Attraverso questo cammino, disgiunto fisicamente ma universale nella significanza più profonda, con artisti, curatori, pensatori… la mia anima e il mio intelletto fioriscono, innamorati, ogni volta…

Ognuno conduce un proprio percorso evolutivo, nutrendosi del medesimo cibo, però: al desco ove ci ritroviamo, quindi, si celebra la condivisione di un significativo nutrimento.

Le diversità ivi si sposano, in maniera armoniosa e costruttiva, poiché un senso primievo, proficiente verso un ritorno all’Uno, permea ogni singolo individuo.

L’eloquio che ne nasce onora l’interezza dell’essere umano e il rispetto di quest’ultimo.

Quale miglior condizione per rendere omaggio al Maestro Raffaello Sanzio?

Peraltro, l’anno scorso ho avuto l’onore di conoscere Phillippe Daverio: le sue conferenze mi hanno incuriosita, divertita, istruita e, non so come, tutti ciò di cui lui ha parlato, l’ho, in un certo qual modo, ritrovato nella mia attuale esistenza.

“Non so per quali arcane circostanze mi trovo qui. Sento, però, di doverle dire grazie” .

Queste sono le parole, impresse sulla copia della mia silloge, che, allora, gli ho donato: esse esprimono chiaramente il mio modo di “non agire” .

Mi è impossibile trovare una spiegazione logica all’accaduto: comprendo, però, che una serie di felici e non casuali contingenze, frutto di soprasensibili inanellamenti di circostanze, rendono la mia terra feconda.

– Maria Marchese

Angela Patrono

Angela Patrono

Se c’è una costante nella mia vita, è l’amore per l’arte. Da sempre dotata di una fervida immaginazione, ho iniziato a disegnare personaggi tutti miei all’età di tre anni e a inventare i primi fumetti all’età di quattro, ideando anche le sigle per ogni storia, come fossero cartoni animati. Da allora il disegno è stato l’amico che mi ha accompagnata, sorretta, confortata in ogni stagione della mia vita. Penna e matita erano – e sono – bacchette magiche con cui sovvertire le regole e trasformare il reale. Tuttavia non ero ancora entrata in contatto con i grandi maestri dell’arte, mi limitavo ad ammirarli da lontano: sguazzavo nella mia piscina gonfiabile senza avventurarmi nello sconfinato oceano della conoscenza. Nel frattempo l’incontro con Dante, sui banchi di scuola, ha avuto il duplice merito di avvicinarmi alla poesia e riconciliarmi con quel senso di infinito che da sempre mi ha abitato. La folgorazione è arrivata in seguito, per vie misteriose, come tutto ciò che è in grado di cambiare la vita definitivamente. Nel 2004 ho avuto un’ispirazione improvvisa: realizzare un fumetto su Sandro Botticelli. Mossa da questo impeto creativo, ho iniziato a reperire quante più informazioni sull’artista, sentendo una connessione profonda con lui e il suo mondo. Benché laureata magistrale in Lingue, ho intrapreso con passione lo studio della storia dell’arte, focalizzandomi sul Rinascimento fiorentino. Alla figura del grande Botticelli, fondamentale nelle mie ricerche, si sono affiancate quella del suo allievo Filippino Lippi e del geniale Leonardo da Vinci.

Il mio trasferimento a Firenze è stato il suggello ideale di questo percorso umano e artistico. Attualmente tengo conferenze su Botticelli e Dante, studio per conseguire la laurea magistrale in Storia dell’Arte, sto portando avanti un progetto per dedicare a Sandro una targa commemorativa. E, negli anni, ho incontrato tante persone meravigliose. Come Davide Foschi e Rosella Maspero, due anime belle con cui sono entrata in immediata risonanza.

Conoscere la realtà del Nuovo Rinascimento ha segnato una tappa importante nel mio cammino. Con immensa gioia mi sono ritrovata a condividere i valori fondanti di questo movimento trasversale ed eterogeneo: l’amore per la bellezza, l’arte (e l’artista) come veicolo terreno del trascendente, la sacralità dell’essere umano, la cultura come strumento di evoluzione, il dialogo tra le diverse discipline in nome di un nuovo umanesimo. Come co-curatrice di mostre d’arte contemporanea ispirate a Leonardo e Raffaello, ho potuto ascoltare e apprezzare una pluralità di voci artistiche diverse ma complementari, ciascuna con la propria storia da raccontare, con un’interiorità e una poetica personale da valorizzare.

Il senso del Nuovo Rinascimento è quello di riscoprire il Bello che da sempre dimora in noi e irradiarlo verso l’esterno, in un flusso costante e rigenerante: l’interno si propaga all’esterno, l’alto si rispecchia nel basso e viceversa, come insegnano le grandi tradizioni iniziatiche. Il movimento culturale con sede a Milano racchiude una polifonia di anime diverse tra loro, ma pronte a far vibrare le loro note uniche e personali. In quest’ottica, la guida dei maestri del passato è essenziale per riscoprire la vera essenza dell’umanità contemporanea e proiettarla verso il futuro. I grandi artisti sono come stelle che a distanza di secoli non smettono di irradiare la propria luce su di noi, sperduti viandanti di un presente caotico e frammentario. Sulla scia del loro esempio splendente, siamo chiamati ad assolvere alla nostra vocazione dell’anima, la nostra Missione. Ciascuno di noi è uno scrigno che racchiude un potenziale infinito. Noi e solo noi siamo i detentori della chiave. Ogni essere umano è il creatore della propria realtà; spetta a ciascuno di noi seminare pensieri di amore, pace e benessere, attraverso un atto di volontà consapevole che porterà ad azioni ispirate. L’arte, in questo, è un potente strumento per l’evoluzione e il risveglio della coscienza. E io credo che, finché esisteranno isole felici come il Nuovo Rinascimento, propulsore di un cambiamento attivo e pro-positivo, ci sarà ancora speranza nel genere umano. Sì, perché se c’è un’altra costante nella mia vita, è la certezza che nulla è impossibile.

– Angela Patrono

Alisia Viola

Alisia Viola

Nuovo Rinascimento: Raffaello 500

Raffaello nacque ad Urbino il 6 aprile del 1483 e morì a Roma il 6 aprile del 1520, facendo così collimare il giorno della nascita con quello della morte, avvenuta solo 37 anni dopo, apparentemente coincidente con quella di Cristo.

Il Sommo pittore rinascimentale, si procurò l’attributo di “divino” grazie alla sua immensa dote artistica, ma in molti credevano avesse origini celestiali.

Si narra che al momento della sua morte una crepa scosse il palazzo vaticano, forse per effetto di un piccolo terremoto, e che i cieli si fossero agitati.

Pandolfo Pico della Mirandola scrisse a Isabella d’Este che il Papa, per paura, «dalle sue stantie è andato a stare in quelle che feze fare papa Innocentio».

Un leit motiv dei contemporanei del Sanzio all’apogeo del suo successo, che lo consideravano tanto “divino” da paragonarlo ad una reincarnazione di Cristo: come lui era morto di Venerdì santo e a lungo venne distorta la sua data di nascita per farla coincidere con un altro Venerdì santo. Lo stesso aspetto con la barba e i capelli lunghi e lisci scriminati al centro ricordavano l’effigie del Cristo e, come scrisse Pietro Paolo Lomazzo, la nobiltà e la bellezza di Raffaello «rassomigliava a quella che tutti gli eccellenti pittori rappresentano nel Nostro Signore», tanto da donargli la dimora eterna in Santa Maria dei Martiri, nata come Pantheon, tempio di tutti gli dei.

«Qui sta quel Raffaello, mentre era vivo il quale, la gran madre delle cose temette d’esser vinta e, mentre moriva, di morire».

Trascorrono cinquecento anni dalla morte del maestro urbinate (1520 – 2020): Egli è tornato tra noi.

Raffaello Sanzio è un mito che ha influenzato sei secoli di pittura, consolidandosi anche nel Novecento e arrivando fino ad oggi, con schiere di artisti, da de Chirico a Picasso fino a Christo e gli artisti del “Nuovo Rinascimento”, che hanno subito e continuano a subire il fascino della sua arte.

In occasione del Cinquecentenario della sua scomparsa, è stata ideata e realizzata l’esposizione intitolata “NUOVO RINASCIMENTO: RAFFAELLO 500”.

Sono stati chiamati 27 artisti, ciascuno dei quali si è focalizzato su un aspetto in particolare trattato dal Sommo maestro; egli è noto soprattutto come immenso pittore, ma al contempo, si interessò di svariati aspetti, spaziando dall’arte all’architettura, dalla poesia alla botanica.

La mostra documenta quanto la presenza di Raffaello sia sempre stata concepita dagli artisti come viva e imprescindibile per un continuo confronto. Ecco allora l’eco del suo mito rinascere nelle sale del meraviglioso contesto neoclassico di Villa Cusani Traversi Tittoni.

Circa 50 opere, realizzate da maestri contemporanei e nuove scoperte, compongono un percorso espositivo sorprendente, in cui il dato storico-scientifico si mescola all’emozione.

La mostra si sviluppa su due piani: al piano terra sono esposte le opere dei maestri Enzo Cosi e Davide Foschi, i quali hanno creato un’installazione in cui dialogano pittura e scultura, creando così un’effettiva contaminazione tra le due arti.

Al primo piano, l’esposizione è suddivisa da cinque sale, ognuna delle quali mostra una sfumatura di Raffaello.

In ordine: Io sono tornato, Il mondo delle idee, De rerum natura, Tra visioni e ironia, Donne e Madonne.

Mentre la prima sala descrive il ritorno, la presenza di Raffaello e il suo passato, quindi tutto ciò che l’ha reso grande – nella seconda, lo spettatore si addentra all’interno del suo immenso mondo creativo; è la sala più caotica, confusionaria, che simboleggia il lato più fantasioso del grande genio.

La terza sala, è dedicata al mondo naturalistico, un mondo che Raffaello analizzò e studiò totalmente; una testimonianza dei suoi studi botanici è deposta all’interno della Loggia di Amore e Psiche all’interno della Villa Farnesina di Roma, dove egli dipinse circa 150 creature floreali, provenienti da quattro continenti.

La penultima sezione vede esposto il lato visionario dell’artista, il viaggio introspettivo che egli ha solcato.

In conclusione, il percorso espositivo mette in luce la figura femminile; Raffaello amò profondamente le donne, esse posarono per lui nelle vesti di Madonne e sante, ninfe e divinità olimpiche.

– Alisia Viola

Luca Siniscalco

Luca Siniscalco

Radici e futuro di un’arte della trasfigurazione

Secondo la numerologia tradizionale, il 6 è un simbolo ambiguo. Giano bifronte, allude all’opposizione della creatura al Creatore, in un equilibrio precario, che può avere tanto risvolti positivi quanto negativi: può inclinare verso il bene o verso il male, tendere all’unione mistica con il divino o trapassare nella ribellione demonica (666 è, secondo l’Apocalisse giovannea, il “numero della bestia”). Si tratta, in ultima istanza, del numero della prova, della de-cisione fra bene e male. Il numero simbolo per eccellenza dell’iniziazione.

Organizzare un Festival artistico, dedicato al sommo Raffaello Sanzio, sotto questi auspici (trattandosi della sesta edizione del Festival del Nuovo Rinascimento, già transitato due volte a Milano, altrettante a Lucca ed una a Trento), è un grande impegno, tanto rispetto al proprio passato – dovendo confermare la qualità e il successo delle precedenti edizioni – quanto, ancor più, rispetto al confronto con il maestro rinascimentale. Un artista che il Nuovo Rinascimento sente assai vicino alla propria sensibilità. Dopo aver celebrato, nell’edizione 2019, Leonardo Da Vinci, genio proteiforme di un umanesimo multidisciplinare, protomodernista ed eternamente iconico, il Festival invita gli artisti coinvolti a misurarsi con Raffaello, artista alchimista, mago della simbologia, ponte spirituale fra paganesimo e cristianità. L’occasione permette di approfondire ancor più esplicitamente quei temi spesso nascosti eppure centrali nella coscienza degli autori di quel “Rinascimento magico” che gli studi di Ioan Petru Culianu, Frances Amelia Yates, Giorgio Agamben, Daniel Pickering Walker e Will-Erich Peuckert, solo per citarne alcuni, hanno ampiamente documentato e lumeggiato. Un Rinascimento, insomma, davvero olistico e integrale, misticamente connotato, ben più originale e (in)attuale di tanti uman-ismi che sull’uomo si limitano a coniare e diffondere slogan.

Decisiva è da sempre, all’interno del Nuovo Rinascimento, la passione per l’inquietudine e la vivacità culturale di questa fase storico-artistica, nonché per il suo tentativo di proporre una visione integrata del reale, in cui tutte le discipline possano giocare insieme a quel ludico ma serissimo programma di costruzione di una conoscenza totale, sintetica, analogica e metafisica del cosmo che fu sempre il centro propulsore dell’Umanesimo; ma, insieme, vigorosa è la passione, ancor più tragica e lacerante, per la nostra contemporaneità, per la vitalità e dinamicità dell’uomo che si continua a manifestare tutt’oggi, sebbene sempre più contraddittoriamente e secondo schemi spesso confusi e disorganici.

Ecco che allora serve un bagaglio culturale “forte” per diventare autenticamente cittadini del presente e adeguare la nostra coscienza – perlopiù attardatasi su logiche sette/ottocentesche – al nuovo millennio che già da tempo, ormai, incalza noi tutti sul piano della scienza (fisica quantistica), della tecnologia (il digitale), della filosofia (dal postmodernismo alle neuroscienze), degli scenari socio-politici (la globalizzazione, o “planetarizzazione”, per dirla con Heidegger), della stessa percezione delle cose (il virtuale). Serve un Umanesimo, appunto.

Di cui l’opera di Raffaello è un modello decisivo. Si pensi, per citare una sua celeberrima opera, al magistero eterno della sua Trasfigurazione, simbolo par excellence, stando a Nietzsche, della raggiante complexio oppositorum di apollineo e dionisiaco: «La metà inferiore col ragazzo indemoniato, gli uomini in preda alla disperazione che lo sostengono, gli smarriti e angosciati discepoli, ci mostra il rispecchiarsi dell’eterno dolore originario, dell’unico fondamento del mondo: l’“illusione” è qui un riflesso dell’eterno contrasto, del padre delle cose. Da questa illusione si leva poi, come un vapore d’ambrosia, un nuovo mondo illusorio, simile a una visione, di cui quelli dominati dalla prima illusione non vedono niente – un luminoso fluttuare in purissima delizia e in un’intuizione priva di dolore, raggiante da occhi lontani. Qui abbiamo davanti ai nostri occhi, per un altissimo simbolismo artistico, quel mondo di bellezza apollinea e il suo sfondo, la terribile saggezza di Sileno, e comprendiamo, per intuizione, la loro reciproca necessità» (La nascita della tragedia).

Sulla base di queste premesse – impegnative ma appassionanti – gli artisti coinvolti nell’esposizione si sono confrontati con la tematica umanista e con la figura di Raffaello. Come realizzare, tuttavia, un’arte neorinascimentale, ossia un’arte adeguata a delineare un Umanesimo all’altezza dei tempi? Le risposte non sono state univoche, né da un punto di vista tematico né sotto un profilo stilistico. Il Nuovo Umanesimo non intende d’altronde farsi “scolastica” né, tantomeno, dogma estetico. La sua progettualità invita però, anche e soprattutto su un piano artistico, a ripensare alcuni nodi che l’arte contemporanea tende talvolta – troppo spesso, a nostro avviso – a dimenticare. Fra di essi, ne cito di sfuggita alcuni: il rapporto fra estetica e sacro – perché non riparlare di estetica teologica, ad esempio? –, la centralità della meraviglia nella dimensione artistica, la funzione anagogica dell’arte, la componente corporea, materica dell’opera, l’attenzione per la formazione tecnica, quasi artigianale, dell’artista, il rapporto con la tradizione culturale, l’afflato mitopoietico delle creazioni autentiche, la questione filosofica del senso, la bellezza come categoria estetica. Un novero di spinose questioni, risolte dal singolo artista secondo approcci diversi, che implicano indirizzi e valutazioni critiche molto distanti, ma che insieme, nella relazione delle loro note, generano uno spartito dalla sinuosa armonia. Nell’auspicio di aver intavolato un dialogo fruttuoso con “Raffaello il Mago” – come recentemente Davide Foschi ha definito l’artista, alla luce della sua essenza neoplatonica.

– Luca Siniscalco

Rosella Maspero

Rosella Maspero

La sostanza dei ricordi, Raffaello, il Metateismo e il Nuovo Rinascimento

Pensare a Raffaello, pronunciare il suo nome evoca in me istantaneamente la commozione che provai dinanzi ad una sua opera: la Madonna del Cardellino datata 1506 ed esposta alla Galleria degli Uffizi a Firenze.

L’emozione provata ha originato quella impalpabile sostanza che comunemente definiamo ricordo.

Qualunque emozione, sia essa positiva o negativa, attiva la formazione del ricordo. Nei cassetti della nostra memoria giace un numero impressionante di ricordi, ma ve ne sono alcuni che definisco “meta-ricordi”. In che senso? Intendo dire che per tale categoria di ricordi nel momento esatto in cui si è originata l’emozione che li ha attivati, la stessa è stata una “meta-emozione”, una sorta di “rivelazione” che, amio avviso, solo due situazioni possono favorire: l’amore e l’arte.

Dunque ero lì, davanti alla Madonna del Cardellino pervasa da quel senso di “magia” di cui Raffaello ha intriso i suoi capolavori, un aspetto rilevato ed approfondito da Davide Foschi che accosta al nome di Raffaello Sanzio la qualifica di Mago del Neoplatonismo.

Avete presente il Cartone di S. Anna di Leonardo? Raffaello si rifà al Maestro, ne è grande estimatore e studioso, gli è amico e ne parla pubblicamente in contesti istituzionali ecclesiastici dipingendolo come il “più grande pensatore del suo tempo”. Eppure Raffaello, in pittura, a fronte della lezione sulla proporzione portata da Leonardo e da lui totalmente appresa, va oltre.

Quando il mio sgurado ha incontrato La Madonna del Cardellino ha trovato in Raffaello una pittura intrisa dell’anima dei personaggi raffigurati e non solo. Ho percepito un’atmosfera pervasa di grazia che riporta alla presenza del divino.

Osservatela di nuovo anche voi. Badate anche solamente a quel dettaglio del modo in cui il piccolo piede del bambino poggia su quello della madre. E allargate lo sguardo a tutta la raffigurazione, al rapporto fra i personaggi raffigurati, alla compostezza del volto della donna. Una madre consapevole del suo ruolo e già in grado di accogliere ogni effetto che la maternità porterà nel corso della sua vita, capacità derivante dall’immensità dell’amore materno che ciascno di noi, forse, potrebbe ritenere non pensabile e dunque non raffigurabile. Nella realtà non c’è madre che possa costantemente permanere in tale stato di grazia, ma non c’è madre, forse, che non aneli a sentire intimamente di provare tale emozione, sublime e fonte di forza per poter essere effettivamente materna nel pieno senso del termine. Amare, educare e saper accolgiere un destino diverso da quello immaginato per il proprio figlio. Una donna sposa, già figlia ed ora con l’auspicio di generare quella cui viene dedicata e ispirata l’opera che fu realizzata su commissione.

Raffaello sublima l’amore materno e lo riesce a raffigurare. Dice alla donna che la maternità sarà piena quando si concretizzerà in una via di ampliamento di coscienza.

Emozione, lacrime; nessun pensiero o sovrastruttura ad interrompere quel flusso, una sensazione di purezza totalizzante.

L’artista, in generale, in qualunque epoca si esprima, centra l’obiettivo di rimanere nella storia quando compie un percorso tale per cui, attraverso un meta-linguaggio, giunge alle coscienze a lui contemporanee ed altresì a quelle future perché la sua opera reca in sè caratteristiche di universalità. E’ l’Arte, per così dire eterna, specchio dell’anima che può ispirare generazioni e generazioni.

In linea più generale, l’Arte nel corso della storia, ha intuito ed influenzato il pensiero, gli usi e le consuetudini. L’Arte, non solo divulgata, ma soprattutto se frequentata reca in nuce tale potenziale. Qualcuno ha la responsabilità di riprendere il fil rouge e far sì che il compito dell’arte nella storia non si interrompa. E che la storia dell’umanità non si interrompa. E’ ciò che siè prefisso Davide Foschi affrontando il suo tempo, calandosi pienamente nella contemporaneità in cui le note dominanti sono la mercificazione dell’arte, una grande porzione di marketing ad unico scopo di ipnosi volta ad indurre consumismo sfrenato e più in generale un’epoca in cui tutto sembra valere giusto per l’attimo stesso in cui si manifesta per poi caducarsi ed estinguersi in un dimenticatoio, una sorta di macero del tempo e dello spazio, quindi, un luogo privo di memoria.

Un epoca che pare l’estremizzazione, forse, dell’idea futurista di interruzione con il passato, ma anche l’effetto della legge della ripetizione e riproduzione quantitativa e potenzialmente infinita dell’immagine nel cosmo quotidiano dettata da Warhol. L’insieme delle due tendenze portate in sintesi nel presente ipertecnologico, richiedono all’Artista di riassumersi una responsabilità. L’eterna responsabilità dell’Artista. Foschi aspira ed ispira il prossimo in tale direzione: nasce così l’avanguardia artistica del Metateismo che enuncia la teoria secondo cui l’Arte è lo specchio dell’evoluzione della nostra coscienza.

L’arte, cosa forse poco risaputa, si è già fatta carico in passato di essere fonte di evoluzione, benessere, terapia nonché di guarigione: basti pensare ai pellegrinaggi di un tempo intrapresi dai viandanti per poter fruire dei colori, delle forme, dei simboli racchiusi e sprigionati dalle Madonne col Bambino di Raffaello. Più di recente si è invertita la rotta intendendo l’arte come terapia nel senso attivo del termine per colui che la pratica, anche se al divenire artista col dipingere o con lo scolpire, parlando di arte visiva, spesso viene sostituita la più facile della decorazione, pur fantasiosa, ma assai lontana dal senso pieno dell’immaginazione e dell’arte visionaria. Con Foschi procediamo alla volta del riprendere il senso del “mago che agisce in noi” con un senso di apertura alla visione di un futuro possibile e costruibile a partire dall’oggi senza mai scordare il passato.

Ed ecco che allora si vive il rapporto con i grandi Maestri come Leonardo per il 500° nel 2019 o con Raffaello per il suo 500° in questo particolare 2020 non a scopo unicamente celebrativo, ma volendo comprendere e trasformare. Un simile compito non può certo esaurirsi con gli annid elle celebrazioni.

Davide Foschi intuisce che occorre rendere pieno il senso di Metateismo per un Nuovo Rinascimento e nasce così il movimento culturale di ampio respiro in cui convergono sia artisti di ogni branca sia professionisti e persone da ogni settore, in cui attori e pubblico condividono intenti neoumanistici. Le mostre portano l’afflato di un necessitato Nuovo Umanesimo nel loro percorso. In Villa Tittoni a Desio abbiamo portato un omaggio a Raffaello a partire dalla Madonna con Bambino di Foschi che esprime in senso contemporaneo ciò che Raffaello portò a livello figurativo, passando per il dialogo con le opere scultoree di Enzo Cosi, fino al percorso fra le cinque sale dedicate in cui temi fondamentali dell’oggi rievocano l’Urbinate.

Alcune ricerche attuali nell’ambito delle neuroscienze hanno verificato l’ipotesi secondo cui vedere un’opera d’arte induce nel cervello reazioni e conseguenti emozioni paragonabili a quelle che si generano specchiandosi nella persona amata. Vari esperimenti condotti dal prof. Semir Zeki hanno dimostrato la capacità dell’arte di indurre una sensazione di benessere direttamente nel cervello. Ritengo, intuitivamente ed anche sprimentando personalmente con molti visitatori, che gli studi porteranno ad avvalorare la nostra tesi secondo cui solo un Nuovo Umanesimo può generare un’Arte che possa dirsi “nata per l’eternità” e che pervada ed informi scienza, cultura, ambiente, educazione ed economia.

Ecco il senso del Metacoaching che ho fondato nel corso del 2013: percorsi, anche espositivi, in cui la persona possa accedere, attraverso l’arte, a percorrere un viaggio che apra alla possibilità di ricollegare il cervello al cuore. Un mantra che porto con me è proprio quello di “modellare la mente per comprendere il cuore”. E’ un collegamento ancora misterioso, senza dubbio non solo affascinante per esser compreso nel suo processo, ma anche indispensabile per permettere all’essere umano di riscoprire la sua vera essenza, quella, appunto, umana invertendo la rotta che ci sta portando verso la robotizzazione. Non lasciamo che la Luce si spenga del tutto, torniamo ad essere esseri umani. Viviamo l’arte, amiamola, apriamo il cuore, diamo vita, insieme, al Nuovo Rinascimento! Creiamo ricordi, possibilmente “meta”.

Siamo semplici: cosa portare con voi per visitare la mostra o il catalogo web che abbiamo creato? Proviamo a dirlo insieme a Philippe Daverio cui dedichiamo l’intera mostra: “La curiosità sarà anche un difetto e l’ozio un vizio, ma i due elementi, combinati insieme, sono un utile strumento di sopravvivenza. Per guardare le opere d’arte”.

Lasciatevi pervadere per Essere.

– Rosella Maspero

Davide Foschi

Davide Foschi

Festival del Nuovo Rinascimento 2020:
Raffaello Sanzio, il covid 19 e Philippe Daverio…

Che il 2020 fosse l’anno del 500° anniversario della scomparsa di Raffaello Sanzio lo si sapeva da tempo, direi da almeno 5 secoli. Che il 2020 sarebbe stato l’anno del signore durante il quale il mondo intero avrebbe dovuto affrontare non un’epidemia tout court ma la prima pandemia dell’era dell’informazione, della globalizzazione e del dominio tecnologico no, questo pochi lo aveva previsto, giusto Bill Gates qualche anno fa e una manciata di virologi fuori dal coro. Che poi il 2020 ci avrebbe portato via anche Philippe Daverio, questo no, proprio nessuno lo avrebbe immaginato.

E’ davvero uno strano anno questo 2020, non c’è che dire. Infausto? Spaventoso? Come sempre dipende da che punto di vista lo osserviamo. Di sicuro lo è se osserviamo ad oggi il milione circa di vittime del virus sparsi in tutto il mondo. Molto preoccupante certamente per le problematiche emerse in fase post lock down: a tutt’oggi molte attività economiche sono in ginocchio e le prospettive non sono certo rosee, in particolare per tutte quelle legate al turismo e alla cultura che, di per sé, funzionano a pieno regime solo se le distanze sociali non risultino eccessive. Presenziare ad un evento, visitare una città e semplicemente andare al cinema o a teatro oggi come oggi risulta molto difficile se non quasi impossibile, se non con mille stratagemmi. Però. C’è un però: veniamo per esempio da decenni di dominio assoluto del concetto di “quantità” a scapito di quello della “qualità”. Le nostre città d’arte erano diventate troppo affollate per essere visitate decentemente; la sporcizia e il degrado dell’ambiente erano arrivati a livelli inimmaginabili; troppi film scadenti prodotti, troppa musica di bassissimo livello per concerti sovraffollati e sovrastimati e troppi eventi artistici di scarso livello, oserei dire per la maggior parte impresentabili. Gioco forza oggi, nel caso in cui si riesca a portare a termine un evento culturale di qualunque natura esso sia, lo si deve fare seguendo schemi diversi, ponderando problematiche mai pensate, chiedendo un minor afflusso delle persone che di fatto risultano molto più inclini a destare attenzione sincera con la propria partecipazione, cosa fino a ieri nient’affatto scontata.

La sesta edizione del Festival del Nuovo Rinascimento, a rigor di logica, non sarebbe potuta essere organizzata, così come è accaduto a tantissimi altri eventi artistici e culturali sia in Italia che all’estero, tra quelli sospesi a tempo indeterminato e quelli “terminati” per sempre. Eppure è avvenuto qualcosa di magico, di inaspettato e imprevedibile: quando la nostra associazione culturale nel 2019 ha iniziato a progettare con le istituzioni di Desio, nella splendida Villa Tittoni Cusani Traversi come sede dell’evento, il Festival che avevamo in programma, l’impatto letteralmente virulento del Covid 19 non ha nè sconvolto né alterato la nostra comune intenzione. La domanda che giorno dopo giorno, in pieno lock down, balenava nelle nostre menti riguardava infatti non se portare a termine o no il Festival dedicato a Raffaello ma in che modo lo avremmo fatto? Sotto quale forma? Quando sipensa alla Bellezza nel modo giusto, con sincerità e profondità, i problemi sono raramente insormontabili; diventano più ostacoli parziali che montagne invalicabili. E’ una mentalità pregna di Neoplatonismo quella che da sempre ci conduce, dove il bello è allo stesso tempo buono e vero, dove la forma esteriore non è che una naturale conseguenza della sostanza invisibile interiore, grazie a cui l’intenzione è già una metà del viaggio e dove il futuro è già in formazione nel momento stesso in cui parte e manifestarsi l’idea.

Così è nata la volontà comune tra le istituzioni di Desio e Nuovo Rinascimento di realizzare comunque questo Festival e in una nuova forma, collegata alle visite guidate alla Villa durante un evento così importante e come Ville Aperte in Brianza e a quelle condotte dal nostro team di meravigliosi curatori lungo la nostra mostra d’arte contemporanea, che sono in veste di chief curator Alisia Viola a cui si aggiungono Angela Patrono, Maria Marchese e Luca Siniscalco; allo stesso tempo è sorta l’istanza di portare on line tutti i nostri consueti talk ricchi di ospiti attraverso Youmandesign, quel formidabile canale di comunicazione che si ramifica tra web e social, con le sue trasmissioni in diretta capaci di arrivare ovunque e a tutti. Tutta questa grande organizzazione sarebbe stata impossibile se non fosse al centro quella splendida event manager che è Rosella Maspero, da sempre al mio fianco in quest’avventura artistica neorinascimentale e nella vita. Attraverso un buon uso delle tecnologie possiamo così arrivare nelle case di tutti i nostri “guerrieri della Bellezza” sparsi per l’ Italia e all’estero affrontando come sempre qualunque argomento, dalla filosofia alla letteratura, dal cinema al teatro, dalla musica all’ambiente, dall’ educazione all’economia, tutto secondo la nostra idea di Nuovo Rinascimento, di rilancio per il nostro paese e per l’Europa attraverso la condivisione umanistica delle menti, dei saperi, delle specializzazioni, dei cuori e delle vite di tutti noi.

Ad oggi questo è ancora l’ideale più rivoluzionario che esista o meglio, usando quel neologismo che creai qualche anno fa scrivendo il Manifesto del Metateismo per un Nuovo Rinascimento, questa è in assoluto la visione più evoluzionaria concepibile.

Raffaello Sanzio, così come per l’anno scorso è accaduto a Leonardo da Vinci, ci fa da faro. L’occasione del 500° anniversario della sua scomparsa era da cogliere ma non solo come celebrazione di un grande personaggio storico, modalità già intrapresa da tante altre istituzioni, bensì come afflato potente e vivente per ognuno di noi. L’esempio biografico dell’urbinate è a tutt’oggi un modello incredibilmente fruttuoso per ciascuno; ritrovare quella scintilla di Raffaello che vive nel nostro animo ci consente di conoscerci meglio, di comprenderci, di scoprirci. Chi mi conosce bene sa quanto queste non siano solo parole. Di questo processo interiore di rinascita ne ho fatto un metodo di vita, anche per le mie ricerche artistiche e filosofiche. L’ho fatto da sempre, fin da bambino. Personalmente ritengo che lo spirito della grande triade del Rinascimento (che comprende chiaramente anche Michelangelo) nella veste d’artista debba quotidianamente guidare idee e azioni. Come molti sanno, le stesse mie opere sono una ripresa vivente e contemporanea di quel modo unico di vedere e interpretare il mondo che è stato l’umanesimo, quella scuola di vita che oltre alla sua peculiare natura di provare un misterioso e immenso amore per il passato dell’umanità, lo manifesta nei confronti anche del presente e del futuro: dalle origini ingenue, istintive, magiche, paradisiache e infernali, violente e fanciullesche allo stesso tempo, al presente da comprendere e indirizzare, al futuro da progettare e costruire. La storia è anche architettura, per un vero umanista.

Questo è anche il motivo per cui ho voluto, con una serie di scritti e di articoli che poi sono stati pubblicati a livello internazionale, affrontare Raffaello Sanzio per quel che era veramente: non solo e semplicemente un artista (il migliore peraltro del suo tempo, forse fino ai nostri giorni) ma anche un pensatore, un filosofo che si è espresso tramite l’arte visiva, un grande alchimista, un esploratore dell’invisibile dell’arcano, un sacerdote e addirittura un Magio nel senso più zoroastriano del termine; in definitiva, un sommo maestro di Neoplatonismo come pochi altri nella storia.

Se attraverso una cattiva letteratura e saggistica soprattutto degli ultimi decenni si è voluto rendere Leonardo da Vinci protagonista suo malgrado di un presunto e improbabile mondo occulto ed esoterico ci si dimentica o si nasconde che in realtà il genio toscano è stato il paladino assoluto della simbiosi arte/scienza/natura e precursore di almeno un secolo del metodo sperimentale di Galileo. Le opere di Leonardo non hanno certo bisogno di tutto questo alone di mistero per essere amate; oserei anzi dire che il mistero stesso le mistifica. Il senso dell’arcano e del magico arricchisce solamente ciò che lo connota davvero e getta invece il discredito su ciò che descrive il mondo con gli occhi della razionalità. Si può essere geni in entrambi i casi.

Occorre quindi ristabilire la realtà delle cose e restituire apertamente e pubblicamente a Raffaello lo scettro del vero Mago Artista, colui che nelle sue opere raccontò la storia dell’uomo e del mondo, della religione e della filosofia, descrivendo come pochi la divina essenza dell’essere umano e l’infinita umanità del essere divino, così come il collegamento imprescindibile tra il mondo pagano e quello cristiano, contigui, liquidi tra loro e a tutt’oggi in continua evoluzione proprio come all’inizio dei tempi. Tutto questo al punto che possiamo affermare tranquillamente che ogni opera di Raffaello, dalle più simboliche a quelle che anticiparono di secoli il concetto stesso di iperrealismo nell’arte, è in realtà una parte di una grande mappa intrisa di allusioni alchemiche e saperi occulti; ogni dipinto è una tessera di un mosaico iniziatico, una grande mappa di un sapere per pochi e finalmente, grazie a lui, a disposizione di molti.

Gli Artisti del Nuovo Rinascimento selezionati per questa grande mostra così attesa, così arcaica, archetipica e allo stesso tempo così contemporanea, presente, cosciente e rivolta al futuro, dimostrano di aver voluto inspirare l’ anima dell’urbinate espirandola in ognuna delle opere esposte, da quelle che indagano maggiormente il mondo delle idee a quelle più figurative, da quelle legate al mondo dei sentimenti a quelle ispirate al rapporto tra umanità e divino. Uno accanto all’altro grandi maestri e alcuni giovani talenti che insieme hanno trovato finalmente il fuoco sacro che rende un valore la condivisone tra generazioni, al contrario di quello che accade nelle nostre società così alienanti, così povere d’anima, così sole. Tra installazioni, opere di video arte, sculture e dipinti gli Artisti del Nuovo Rinascimento raccontano ai visitatori il nocciolo di quell’immensa eredità che il Sanzio ci ha lasciato, tanto in modo visibile che invisibile. In preciso ordine alfabetico che non segue assolutamente la carriera e il curriculum, gli artisti del Nuovo Rinascimento esposti in questa mostra sono: Nicolò Accaria, Ang, Angela Alberici, Giuseppina Bacci, Anna Rita Barbieri, Alin Marius Buzatu, Alice Capelli , Sandra Cervato, Giorgia Coniglio, Iris Corvino, Enzo Cosi, Adriano Foschi, Davide Foschi, Liliana Grassi, Doris Harpers, Natalia Jacquounain, Mauro Masetti, Luisa Modoni, Marco Nava, Fiorella Pittau, Ross, Liliana Russi, Joe Russo, Sangre, Andrea Simoncini, Roberto Venturini, Marco Zaffaroni.

Proprio come Raffaello, un vero Artista del Nuovo Rinascimento non è infatti solo un abile artigiano plasmatore di superfici bensì un intenso sperimentatore, un vivente laboratorio interiore di forze che collegano cielo e terra, umano e divino. Un vero Artista del Nuovo Rinascimento è un guerriero della Luce, come avrebbe detto Coelho; non è certo un banale “imbonitore di prodotti commerciali” che stupiscono le masse, secondo quell’illusione post modernista di warholiana memoria che di fatto, perdonatemi il termine, ha lasciato col culo per terra l’arte, in tutte le sue forme e influenze possibili.

Essere ricordati per sempre, emozionarsi e far vivere emozioni, essere visionari e profeti, rendere la realtà un sogno e i sogni una possibilità, questo è il vero paradigma dell’artista. Fra altri 500 anni ricelebreremo ancora Leonardo e certo non Jeff Koons, sicuramente Raffaello e non Damien Hirst. Con tutto il rispetto per Cattelan, quando torneremo fra qualche secolo su questa terra con un altro nome ed un altro viso, non troveremo più il suo nome ma di certo parleremo di Tiziano, di Van Gogh e di Kandinskij.

Un artista, se è veramente tale, non lavora per quel famoso quarto d’ora di celebrità né per arricchirsi al punto di non riuscire a compiere la sua missione.

Un artista è il sacerdote di una religione che è l’umanità stessa.

Ultimo accenno. Lo rivolgo ad una persona speciale che non c’è più, almeno qui sul piano fisico. Sto parlando di Philippe Daverio. Per me e per chi ha a cuore l’arte e la cultura italiana non è una notizia facile da accettare. Il nostro paese perde un grande punto di riferimento; di fatto, lo stile ironico, la conoscenza interdisciplinare, il desiderio di meravigliare il prossimo con quell’immenso tesoro che è la bellezza in tutte le sue forme, rappresentano la sintesi di un modello da intellettuale Neo Rinascimentale, ormai tanto raro quanto prezioso. Filosofia e storia, arte e antropologia per Daverio come per me non erano materie distinte ma semplicemente le tante sfaccettature di un unico e immenso mondo che si chiama da secoli e secoli con una parola: “Umanesimo”. La curiosità infinita, degna di un Ficino o di un Leonardo del XXI secolo, era la benzina di quel motore inesauribile che era la sua mente.

Avrei voluto invitarlo a questo Festival, fargli vedere tante opere degli artisti che mi stanno seguendo in questo cammino neorinascimentale; mi balenava l’idea di mostrargli finalmente “La Pietà”, l’opera del mistero, il mio dipinto che da oltre 10 anni si modifica all’improvviso e senza spiegazioni di fronte agli spettatori, bypassando qualunque razionalità o legge fisica. Negli anni si sono immersi nell’opera tanti storici d’arte e protagonisti del mondo della cultura ma sicuramente la voglia di meravigliarsi e l’universalismo di Philippe Daverio sarebbero stati attori di un viaggio  indimenticabile nel comprendere i dettagli che appaiono sulla tela, tra simboli, codici, echi stilistici leonardeschi e spunti profetici. All’apertura della mostra del Festival è stata collocata proprio l’originale di quella ormai storica opera dal titolo “Madonna con Bambino”, nata oltre 15 anni fa proprio dalle mie ricerche su Raffaello e che Philippe conosceva bene attraverso la versione litografica che aveva nella sua collezione. Con l’organizzazione del Festival abbiamo deciso di dedicare questa 6° edizione a lui, è quello che oggi possiamo fare.

L’Italia da ora sarà più povera: tocca a noi e a tutti coloro che credono e lottano quotidianamente per l’arte e per la cultura colmare anche questo vuoto.

Però, grazie anche a Daverio, l’Italia è oggi più ricca rispetto a qualche decennio fa e quando dico “ricca” sapete bene che non mi riferisco certo ai soldi ma alla conoscenza.

Ciao Philippe, quando tornerò di là ci rivediamo: “La Pietà” ce la vediamo insieme da lassù. Promesso.

— Davide Foschi